Tremonti: «Polo in sintonia con l'Europa»
«Ho avuto molti contatti, di recente, in Europa. L'ultimo proprio a Londra con il ministro per gli Affari europei. E non ho avuto alcuna indicazione di ostracismo nei confronti della politica economica del Polo. Anzi, ho visto notevoli convergenze fra la nostra visione dell'Europa e quella britannica, basata sulla sussidiarietà e non sulle direttive. Nessuno, in Europa, crede che un'Italia guidata dal centro-destra possa non rispettare il patto di stabilità. È vero invece che noi vogliamo uscire dal "patto di stupidità", o se preferisce il "patto di fiscalità" della sinistra».
«Ho avuto molti contatti, di recente, in Europa. L'ultimo proprio a Londra con il ministro per gli Affari europei. E non ho avuto alcuna indicazione di ostracismo nei confronti della politica economica del Polo. Anzi, ho visto notevoli convergenze fra la nostra visione dell'Europa e quella britannica, basata sulla sussidiarietà e non sulle direttive. Nessuno, in Europa, crede che un'Italia guidata dal centro-destra possa non rispettare il patto di stabilità. È vero invece che noi vogliamo uscire dal "patto di stupidità", o se preferisce il "patto di fiscalità" della sinistra». Giulio Tremonti non vuole entrare in polemica diretta con Giuliano Amato. Definisce «forzato» il titolo della Repubblica rispetto al testo dell'intervista al ministro del Tesoro, e altrettanto «forzate» le parole di Amato rispetto ai rilievi fatti dal ministro al Financial Times. «Certo - precisa Tremonti - bisogna pensare anche all'eco che certe dichiarazioni producono».
La politica economica proposta dal centrodestra è davvero un rischio per il Paese, come dice Amato?
«Vedo un'alta cifra di strumentalità nella titolazione della Repubblica. Ma non voglio dar colpe ai giornalisti. E rispondo. La nostra visione distingue fra politica per lo sviluppo e politica fiscale. Abbiamo pronte leggi-obiettivo per le grandi opere pubbliche da finanziare attraverso il project financing, quindi senza oneri per l'erario, e per lo sviluppo della new economy. Un esempio? L'esclusione degli uffici di collocamento per i contratti di lavoro fatti via portale. Vorrei sottolineare che queste proposte sono nero su bianco, in risposta a una presunta "indeterminatezza" delle nostre linee di politica economica. Abbiamo non solo un'agenda di governo per obiettivi, tempi e metodi. Ma persino articolati di legge per dar corpo ai programma».
E sul fronte fiscale?
«Quanto alla leva fiscale, il ragionamento è semplice: se nella busta paga di un dipendente arriva un Milione in più, che viene utilizzato per acquistare - che so - un mobile, lo Stato perde un 27% di Irpef ma guadagna un 20% di Iva, oltre all'Irap pagata dal venditore. II meccanismo di copertura è intrinseco e automatico. Ha già funzionato con la rottamazione delle auto e con la legge Tremonti. La nostra visione non è quella di uno sviluppo "per magia", come dicono i nostri avversari. Dunque, il rischio per il patto di stabilità, francamente, non lo vedo. È però vero che noi vogliamo uscire dal "patto di stupidità", o meglio "patto di fiscalità" della sinistra».
Come?
«Noi abbiamo la possibilità di ribaltare la non governance del governo D'Alema. Un governo che fa annunci, s'impantana in polemiche interne, e poi rinuncia a fare le cose. Gli esempi sono innumerevoli, cito le pensioni, il Tfr, e il recentissimo documento sul lavoro. La verità è che la sinistra sa soltanto aumentare le tasse: nell'ipotesi più riduttiva nel '99 ha drenato 30mila miliardi in più, solo 5mila dei quali sono riconducibili all'evasione. E la spesa pubblica aumenta. Anche in Gran Bretagna, del resto, la pressione fiscale è aumentata dal 35,3% al 36,5%. Spend, spend, spend, taxation (spesa, spesa spesa, tassazione), ha titolato proprio il Financial Times. Dobbiamo uscire da questo patto di fiscalità. Anche perché raggiungere i parametri del patto di stabilità aumentando la pressione fiscale, e non riducendo la spesa, è la negazione di Maastricht».
C'è un'alternativa?
«Politiche di sviluppo e una razionale detassazione rappresentano la via corretta per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità. Aggiungerò che la nostra proposta di tagli fiscali è più o meno, in cifra, pari ai 45 mila miliardi di cui parla il Dpef di D'Alema. La differenza è che noi siamo certi di attuarla, mentre il centrosinistra si avvita in un "non governo" suicida».