Tremonti: ma quel provvedimento va cambiato
Per l' ex ministro di Berlusconi il governo ha perso la bussola nella gestione della vicenda
ROMA - «Certamente con il decreto il governo si è assunto le proprie responsabilità, giuste o sbagliate che siano, e questo oggettivamente è un fatto positivo. Quanto al merito del provvedimento non mi sentirei di dire che è il massimo, ma si può sempre migliorare». Giulio Tremonti non infierisce sull' esecutivo a proposito della vicenda mutui. Ma il via libera dell' esponente di Forza Italia si ferma qui. Quanto al resto, lo spettacolo offerto da una «maggioranza divisa» e dalle polemiche al calor bianco intorno alla vicenda dimostra che «il governo ha perso la bussola». Che cosa intende dire? «Prima ha girato il cerino alle Camere tentando di far passare il provvedimento sui mutui nelle pieghe della Finanziaria. Poi, quando ha visto che non c' era una maggioranza, si è trovato costretto a fare marcia indietro e ha scelto la via del decreto che è quella corretta. Certamente è un progresso seppure forzato dalle circostanze. Dopodiché noto che con i mutui siamo ancora una volta di fronte a un frutto avvelenato della campagna elettorale. Nei paesi civili le campagne elettorali durano due mesi, da noi anni. In nome della stabilità si crea una perenne instabilità di cui alla fine è il Paese a pagare le conseguenze». Ma sui contenuti del decreto qual è il vostro giudizio? «A occhio direi che non è male. Qualcosa bisognava fare. Aspettiamo, comunque, il dibattito in Parlamento». A proposito dei mutui il ministro del Tesoro, Visco, ieri in un' intervista al Corriere, ha detto che Berlusconi «per la prima volta ha assunto una posizione moderata e apparentemente consapevole che va apprezzata». «Per il governo l' opposizione è responsabile quando serve, impresentabile quando non serve. Visco si vada a rileggere gli atti parlamentari. L' opposizione è stata responsabile sulla Nato, sul Kosovo, sull' alluvione, sul vertice di Nizza. La verità semmai è un altra...». Quale? «In Europa quando si fanno delle scelte "bypartisan" la maggioranza è compatta e l' opposizione aggiunge i suoi voti. In Italia la maggioranza si squaglia e l' opposizione mantiene un atteggiamento responsabile». A proposito di campagna elettorale, Visco vi accusa di fare promesse da marinai in materia fiscale. «E allora andiamo a vedere il portolano (il libro che i naviganti usano per fare le rotte, ndr) di Visco. In ottobre il ministro del Tesoro dichiarava che in Italia non c' era bisogno di una riforma fiscale perché era già stata fatta e i tedeschi avevano copiato da noi. Con la Finanziaria 2001 il governo ha varato una significativa ancorché discutibile ipotesi di riforma disegnando una curva Irpef con cinque aliquote e un profilo temporale di due tre anni. Infine, mentre il Parlamento discuteva la prima riforma fiscale contenuta nella Finanziaria, Visco ne ha presentata una seconda basata questa volta su 2 aliquote. Ora è probabile che in Europa esistano ministri economici che raccontano balle all' opinione pubblica, ma non si è mai visto un ministro che le racconta a se stesso. Per la paura di perdere le elezioni Visco ha abdicato a ogni coerenza morale e intellettuale. È passato dal rigore a Laffer (l' economista americano secondo il quale abbassando le tasse il gettito aumenta, ndr) e ha venduto una ipotesi di detassazione che costerebbe all' erario tra i 140 e i 170 mila miliardi». Lui dice che voi volete detassare solo i ricchi. «È un' altra follia. Con la nostra proposta ci guadagnano tutti, i ricchi, i ceti medi, i poveri e i contribuenti a reddito più alto. Visco non può dire che la nostra riforma è regressiva e infatti non lo dice. Afferma solo che le riduzioni fiscali da noi proposte si addensano più verso l' alto che verso il basso, ma non sa come verranno distribuite le detrazioni perché non l' abbiamo rivelato e non lo facciamo perché altrimenti la maggioranza ci copierebbe. Posso assicurare gli elettori che la nostra riforma non sarà regressiva, ma assolutamente equa e giusta». La maggioranza pensa anche a un nuovo sistema di welfare imperniato sulla distribuzione del «dividendo sociale». «È un enigma avvolto nel mistero, un altro escamotage dettato dalla paura di perdere le elezioni». Perché? «Quando si fa una proposta del genere, si ha il dovere di indicare quali sono le misure di assistenza monetaria che si vogliono eliminare: la cassa integrazione, gli assegni familiari, quelli per gli handicappati, che cosa? E poi come verranno rimpiazzate queste voci di spesa? L' idea è quella di distribuire le risorse ricavate ai più disagiati. Ma chi sta peggio di un handicappato? Dietro l' idea c' è il mito freudiano-reaganiano della imposta negativa. Visco lo vada a spiegare a Bertinotti e vediamo poi se Bertinotti è disposto a una desistenza reaganiana».