Tremonti: Internet farà vincere la destra libertaria
E' il manifesto della nuova destra tecnologica e internettiana. Porta le firme di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti che hanno depositato giovedì scorso alla Camera una proposta di legge - emendabile - sulla new economy in otto articoli.
ROMA - E' il manifesto della nuova destra tecnologica e internettiana. Porta le firme di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti che hanno depositato giovedì scorso alla Camera una proposta di legge - emendabile - sulla new economy in otto articoli. Prevede la creazione su scala nazionale di tre portali per lo sviluppo, rivoluziona il collocamento, equipara l' editoria elettronica a quella tradizionale, impone alla Rai di usare per la formazione il 20% delle trasmissioni in prima serata, inventa un nuovo statuto giuridico delle società di capitali e ripropone un regime strutturale di favore fiscale per le attività tipiche della new economy. «Il cyberspazio è il terreno del trionfo dell' individuo e di conseguenza è l' optimum per la destra libertaria - scandisce l' ex ministro Tremonti -. Internet è quanto di più anti-giacobino possa esistere ed è ovvio che avvantaggi noi. La struttura delle vecchia società sta alla nuova come un vecchio calcolatore sta a Internet. Quello era verticale, rigido, piramidale. La Rete è orizzontale, flessibile, anarchica, federale». Anche il presidente del Consiglio D' Alema si è dichiarato per la creazione di un portale. «Il rapporto tra D' Alema e Internet è quello di un selvaggio che ha una sveglia ma non sa cosa sia il tempo. Propone alle imprese di usare la rete fiscale, vuole infatti montare il portale nazionale sulla rete della Sogei. A parte i costi altissimi e le paurose inefficienze di quella infrastruttura, le pare possibile che un imprenditore si metta nel sito di Visco, comunichi prima al fisco e poi al mercato i propri programmi di sviluppo? Non c' è niente di simile al mondo». La sua proposta però usa una logica keynesiana. Tutto comincia dai portali del Tesoro. «Data l' arretratezza italiana non si può fare altrimenti, ma solo limitatamente allo start up e con immediata privatizzazione. Per il resto gli strumenti sono quelli dell' iniziativa privata: deregulation del collocamento, possibilità di sottoscrivere il capitale stipulando polizze di assicurazione, venture capital e un regime di massimo favore fiscale. Strumenti che esaltano chi possiede il capitale più rilevante che esista, le idee». Spieghi meglio la questione delle polizze. «Il capitale sociale ha tre funzioni: raccolta dei finanziamenti per gli investimenti, garanzia e organizzazione. Nella new economy la prima funzione è obsoleta. Gli investimenti sono virtuali e il capitale è fatto dalle idee. Tuttavia il capitale sociale è utile per aver credito, immagine, eccetera. Per uscire dalla trappola può funzionare benissimo una polizza. Alla fine della storia l' ultima vittima del capitalismo è il capitale stesso, sostituito da un suo derivato». La new economy quindi stravolge i connotati classici del capitalismo. «Sicuramente. Nell' articolo "La nuova ricchezza degli italiani" pubblicato sul Corriere nel 1988 - prima di Internet - sostenevo il passaggio da una società dei patrimoni a una società delle conoscenze. Dove stavano allora quelli che oggi si scoprono predicatori della new economy? Fui trattato da visionario ma quanto sta avvenendo mi dà ragione. Non conta quanto si ha, ma quanto si sa. La new economy cambia la struttura delle nostre società» E' per questo motivo che lei vede già scritta la sconfitta della sinistra? «Le società europee sono duali. C' è un blocco statalista che comprende Stato, grande industria, sindacati, una parte delle burocrazie. L' altro blocco è fatto dalle professioni vecchie e nuove, artigiani, padroncini, partite Iva compresi i loro familiari e dipendenti. Dove si crea lavoro? Nel secondo blocco. Chiunque abbia un figlio in cerca di occupazione lo sa. Ebbene questo nuovo terzo Stato è rappresentato politicamente dal centro-destra che nel ' 96 ha perso perché diviso». Per riunire Polo e Lega lei ha presentato un programma di opere infrastrutturali, tutt' altro che post-industriali. «Una cosa è la legge obiettivo centrata sulle grandi opere, altra è la legge su Internet. Sono due facce della stessa medaglia, servono sia le infrastrutture fisiche che le autostrade informatiche. L' economia reale non è sparita. Si possono vendere le auto su Internet ma bisogna anche produrle. Le imprese per vendere una volta usavano la vetrina, poi sono passate alla tv commerciale e ora aggiungono la Rete». Come pensa la destra di affrontare le nuove disugualianze? «Internet non è un moltiplicatore di disuguaglianze, anzi elimina i differenziali di classe e geografici. E comunque il nostro programma è massimizzare le chance, moltiplicare il sapere. I figli dei ricchi l' inglese lo imparano a casa, per gli altri noi vogliamo che possano farlo anche attraverso la tv pubblica». Cosa dovrebbe fare la Rai? «La tv non è un vero servizio pubblico se si limita a filmare le lezioni universitarie vere e poi le trasmette in ore notturne. Lo diventerà solo se riuscirà a trovare forme e tecniche di comunicazione sistematiche e di massa per diffondere conoscenze. E questo lo diciamo dal 1995». E' vero che avete già registrato i domini delle tre società portale? «Sì. Abbiamo già registrato www.Portale Sud.it, www.Portale Nord.it e www.Portale Centro.it. Li metteremo a disposizione del Tesoro, quando vorrà costituire le tre società escludendosi però dalla gestione».