Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Repubblica

Tremonti attacca il ministro "Parla senza pensare al Paese"

L'esponente del Polo replica alle accuse di Visco nei confronti del centrodestra

ROMA - Fuori dall'Europa se vince il Polo? «Mai sentita profezia così assurda e dichiarazione così contraria all'interesse nazionale. Soprattutto mai sentita da parte di un ministro della Repubblica» Giulio Tremonti candidato ministro del governo Berlusconi — commenta così le previsioni di Visco sul futuro di un eventuale governo Berlusconi. «Questione di my country —dice — questione di difendere l' immagine del paese giuste o sbagliate che siano le posizioni dell'avversario. Non si era mai sentita fino ad ora una dichiarazione così contraria a tale principio fatta da parte di una persona che abbia responsabilità di governo. La faziosità ha trionfato sulla razionalità: non sono solo io a pensarla così, basta telefonare alla business community ».
E da cosa nasce, secondo lei, la convinzione della maggioranza?
«Dalla impostazione domestica e parvenu di una classe dirigente che di internazionale, nella sua cultura, ha avuto fino a poco tempo fa solo la Terza Internazionale. Quando è entrata nell'arena europea l'ha fatta propria in modo spasmodico. Faccio notare, a sostegno della tesi, che una certa parte del centro sinistra aveva votato contro lo Sme e contro Maastricht. Nel Polo, invece, sia da parte dà Berlusconi — che ha fortissimi contatti con i Popolari europei — che da parte mia — che ho frequenti rapporti internazionali — non c'è complesso di provincialismo. Sappiamo che far parte dell'Unione richiede responsabilità, ma non ne abbiamo paura. Semmai mi risulta che siano le istituzioni internazionali e italiane a nutrire una crescente preoccupazione per la Finanziaria».
In che senso?
«Noto imbarazzi e preoccupazioni da parte del Fondo Monetario, degli uffici della Camera e di Bankitalia per la mancanza di dati che la caratterizza. Un caso: Giarda ha detto in aula che è più facile prevedere il risultato di Roma-Lazio che la fonte con la quale saranno finanziati i 28 mila miliardi di sgravi promessi per il 2001, Straordinario esempio di rigore».
Intanto però si dice che sarà la vostra politica fiscale a non reggere l'esame dell'Europa visto che prevede tagli alle tasse finanziati con la crescita.
«Precisiamo che la nostra è una politica economica complessiva articolata su due fasi. La prima è quella del rilancio da iniziare nei primi cento giorni", essenziale perché l'Italia è in declino in termini di competitività, attrattività, legalità: la corruzione sta crescendo. Invertiremo la rotta con i contratti di lavoro liberi, le infrastrutture e la detassazione degli utili reinvestiti — un sistema molto più efficace della Dit e Superdit di Visco — e con molti altri provvedimenti già pronti che presenteremo in campagna elettorale
E le tasse? La maggioranza dice che la vostra idea sull'Irpef fa perdere 220 mila miliardi.
«E come sarebbe possibile se l'imposta stessa ne assicura entrate solo per 230 mila? Questa comunque è la fase due del programma, quella della riforma fiscale orientata su una rimodulazione dell'Irpef, che gli osservatori più seri stimano sui 50-60 mila miliardi, e su una rimodulazione dell' Irpeg».
A quanto?
«Al 33%. Non vedo come tali misure possono scassare il bilanci visto che Visco dice che sua Irpeg, è già a 19%».
L'Irpef comunque dal vostro programma esce molto ridotta
«Guardi, la teoria di Laffer, che fa derivare automaticamente lo sviluppo dalla riduzione delle aliquote, non c'entra niente. Noi lo sviluppo lo lanciamo con provvedimenti reali nei primi cento giorni. In aggiuntala struttura fiscale non è puntiforme, funziona a sistema. Con il milione di lire risparmiato in fisco dall'operaio comprerà un nuovo tavolo sulla quale il venditore pagherà l'Iva, oltre che la tassazione sul maggiore reddito. Senza contare l'emersione dal nero: Confindustria la valuta 125 mila miliardi. Ma alla maggioranza chiederei una cosa».
Quale?
«Mi spiegano perché dovremmo dare per buona la promessa del Dpef di futuri sgravi per 124 mila miliardi e non dare credito alle nostre previsioni? Se dobbiamo credere che le loro cifre siano giuste perché le nostre dovrebbero essere sbagliate?».