Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Giornale

Proposta-spot per cercare di ingraziarsi Rifondazione

«Il tema è serio. Affrontarlo con uscite spot come fa il presidente del Consiglio è poco serio.

«Il tema è serio. Affrontarlo con uscite spot come fa il presidente del Consiglio è poco serio. Non vorrei che si rivelasse semplicemente una posizione strumentale per riaprire il dialogo con Rifondazione comunista». È molto secco il commento di Giulio Tremonti all’idea, rilanciata ad Atene da Massimo D’Alema, di una tassazione sui movimenti internazionali di capitale per finanziare in parte gli Stati, in parte organismi sovrannazionali per il progresso e i diritti umani: «La Tobin tax – afferma l’ex ministro delle Finanze – non è la strada giusta».
Quella di D’Alema, a suo avviso, è un’uscita di politca interna, o si inserisce nella linea della “nuova sinistra”?
«Sembra una posizione in qualche modo strumentale, funzionale all’apertura dialettica con Rifondanzione comunista. In ogni caso, sul fronte culturale, le parole di D’Alema rendono perfettamente i limitidella sinistra, vecchia e nuova. Tutti conoscono i limiti di una politica solo domestica, e l’esigenza di una proiezione internazionale. La differenza fra un liberale e un post-comunista è questa: il primo pensa che prima di tassare bisogna definire le competenze politiche internazionali; il secondo pensa che la legittimazione della competenza internazionale arriva con le tasse».
Non le pare singolare che, mentre in Francia Jospin detassa gli stipendi dei manager pubblici e in Germania Schroeder detassa i guadagni di Borsa, D’Alema pensi a nuove imposte?
«La competizione fiscale mondiale è ormai una realtà. Allo stesso tempo, c’è un progetto politico che non si esaurisce nella competizione fiscale. Una politica sovrannazionale è necessaria, ma finanziarla attraverso la Tobin tax significa distruggerla. Perché prima di tutto è necessario identificare le competenze internazionali, poi i mezzi per finanziarle. Per D’Alema e la sinistra, invece, le tasse sono il fine ei l mezzo: tasso, dunque esisto».
La Tobin tax nella visione della sinistra italiana, appare, inoltre, una sorta di punizione per i movimenti di capitale che vengono considerati «cattivi». Non le pare?
«Questo è un altro errore tipico della sinistra. Una tassazione di questo tipo significa mettere la sabbia nell’ingranaggio, e sabotarlo. Nella nuova struttura geopolitica mondiale, la ricchezza vale in quanto circola: se la blocco, la distruggo. La Tobin tax è un errore colossale».
Siamo in un Europa monetaria a undici. Ha senso la proposta della Tobin tax in un Parlamento nazionale?
«Non ha più senso in assoluto. Fu formulata da Tobin nel ’72, quando il mondo era ancora in due blocchi e in Stati-nazione. E neppure il suo ideatore, infatti, la sostiene ancora. Non ci sottraiamo a una discussione su questi problemi. Ma su questo tema, che è serio, è poco serio a limitarsi a battute spot come fa il presidente del Consiglio».