«Gli altri parlano. Noi facciamo»
Dalle intese ai fatti, tutta la soddisfazione di Giulio Tremonti
Se c'è già un vincitore sicuro, si chiama Giulio Tremonti. È lui l'artefice dell'accordo Bossi-Berlusconi. È lui che, anche nei periodi di massimo scontro tra Lega e Forza Italia, ha sempre cercato di tenere acceso il filo del dialogo. E lui che ha fatto passare in Forza Italia il concetto di "devolution". Insomma, ci ha sempre creduto. E ieri, finalmente, si è coronato il suo sogno: le forze che rappresentano i produttori del Nord sono tornate insieme. Questa volta per vincere e cambiare sul serio. Ma da buon valtellinese, l'ex-ministro delle Finanze non ci tiene ad accreditarsi pubblicamente come il "grande tessitore". Regala sorrisi, ma la sua è gioia contenuta. Prima che Bossi e Berlusconi tengano i propri discorsi, Tremanti ha parole d'elogio per il Senatur. «Bossi è l'unico politico che parla di visioni. E’ un filosofo. É l'unica persona con cui mi è capitato di discutere di bioetica». Complimenti che il segretario leghista ricambia più tardi: «Sei stato perfetto, professore. Ad un certo punto del tuo intervento ho sentito anche della poesia». Ma il clima idilliaco non fa cadere Tremonti in tentazioni euforiche. E anche l'intervista ha una premessa chiara: «Se vogliamo parlare di cose concrete, bene. Altrimenti, se è solo per parlare di me, non ci tengo».
Professore, dica almeno se è soddisfatto.
«Oggi sì. Ci stiamo spostando sulle cose. Gli altri parlano, noi facciamo i fatti. Questa proposta di legge è il primo esempio».
Per arrivare dove?
«Il punto d'arrivo, lo ha detto bene Bossi, è una grande crociera Nord-Sud Est-Ovest per la modernizzazione del paese, che da trent'anni vede ferme le grandi opere pubbliche».
Opere pubbliche, appalti... Verrete accusati di...
«Se qualcuno ruberà, andrà in galera. Ma non per questo dobbiamo paralizzare il paese».
Le infrastrutture sono costose.
«E noi infatti abbiamo pensato al "project financing". Cioè le grandi opere le fa l'economia, il privato. Così si esce dalla logica dello stato appaltatore».
Sulle grandi opere al Sud qualche leghista storcerà i naso...
«E’ impressionante l'idea di sviluppo che la Lega ha per il Sud. Adesso nessuno potrà più dire che la Lega è contro il Meridione. L'annessione italiana ha trasformato le capitali del Sud in prefetture. Dopo decenni vogliamo riportare lo sviluppo»
Ci vorrà tempo per realizzare la proposta presentata a Verona, bisogna prima passare attraverso due elezioni e vincerle. E se chi governa adesso vi rubasse l'idea?
«E stata una delle nostre preoccupazioni in sede di discussione. Preoccupazione svanita dopo aver considerato che non possono rubarci un'idea simile, perché è fuori dalla loro mentalità. La parola chiave sta nell'intervento dell'esponente diessino: "la Pedemontana è stata bloccata per problemi di consenso". Il consenso noi lo vogliamo ottenere sulle opere. E se sbagliamo ci mandano a casa»
Nel suo intervento, lei ha detto che non è possibile che un singolo comune o un consiglio di quartiere blocchino una grande opera: non si terrà più conto del loro parere in futuro?
«La democrazia non è particolarismo. E il federalismo non è localismo esasperato. Bisogna poter governare, non si può continuare a restare in questa palude».
Come è riuscito a far rimettere sullo stesso tavolo Bossi e Berlusconi?
«Ci sono andati da soli. La realtà la fa la realtà. Solo la sinistra poteva illudersi che questa follia (la vittoria del 30% su restante 70% diviso) fosse permanente. E solo la sinistra poteva pensare di governare il paese senza il Nord. Il Nord all'opposizione è un costo per il paese e per la democrazia. Perché non si può avere la maggioranza che fa la minoranza. E quindi era inevitabile che questo accordo si trovasse. Ha ragione Bossi: stavolta è per sempre, non siamo più nel '94».