Giulio Tremonti: «Il risanamento è possibile solo con lo sviluppo»
ROMA — Giulio Tremonti è il pilota della Casa delle libertà. Questo professore che vive la politica con tenacia e passione, traccia la rotta nel mare tempestoso dell'economia italiana.
ROMA — Giulio Tremonti è il pilota della Casa delle libertà. Questo professore che vive la politica con tenacia e passione, traccia la rotta nel mare tempestoso dell'economia italiana. In piena sintonia con Berlusconi, che già lo chiamo al governo nel 1994, Tremonti ha elaborato la strategia di governo del Polo per quanto riguarda il risanamento delle finanze pubbliche e lo sviluppo. E toccato al Professore incalzare Amato, denunciando quelli che, nel suo giudizio, sono superficialità, omissioni e falsi nella rappresentazione della situazione economica dell'Italia. Una valutazione confortata in questi giorni, almeno in parte, dal Ragioniere generale dello Stato, Monorchio. Ma Tremanti non è solo un economista, è un abile politico a cui si deve l'ampliamento del Polo nella Casa delle Libertà. L'operazione di «aggancio» di Bossi si deve a lui, nel quadro di quella visione, che espone nella nostra conversazione, di un Terzo Stato che, per una strategia vincente, ha bisogno della Lega.
Lei è stato l'artefice della riconciliazione tra Bossi e Berlu:sconi. E ottimista sulla durata dell'intesa?
«Io ho molta fiducia nel metodo marxista di analisi della società. Le componenti strutturali della società italiano sono, come dire, schematizzabili in questi termini. C'è un blocco statalista e quello non statalista, come in tutte le società europee che sono società "duali". Il blocco statalista è fatto dallo Stato, dalla grande industria, dal Sindacato, dalle burocrazie intellettuali del servizio. Il blocco non statalista e fatto da tutto il resto: da artigiani, commercianti, padroncini, professionisti, dallo loro famiglie e soprattutto: e questa è la novità storica che caratterizza in gran parte la specificità della realtà italiana; dagli operai. A livello di capannone, il padroncino è un ex-operaio, e l'operaio sogna di diventare padroncino. Comunque, a livello di capannone non c'è più il conflitto di classe, il conflitto tra capitale e lavoro. Ma c'è una comune identità di sentire. Allora, tendenzialmente, se non perfettamente, la sinistra, l'Ulivo diciamo, identifica il blocco statalista, il centrodestra, la Casa delle Libertà identifica il blocco non statalista. Ovviamente ci sono padroncini che votano a sinistra e sbagliano, e ci sono dipendenti dello Stato che votano per la Casa delle Libertà. E fanno bene perché l'unica speranza per dare lavoro ai loro figli. È il futuro al paese. Per finire, noi siamo il Terzo Stato».
Ma in questo quadro, quale è il ruolo della Lega?
«L'Alleanza con la Lega identifica questo Terzo Stato. Così si chiude, si completa questo passaggio. Il blocco non statalista, che fa il 70% del Pil, genera tutta la nuova occupazione. È un gigante sociale perché sommando: padroncini, famiglie operai e simpatizzanti è un gigante sociale. La maggioranza della popolazione e la maggioranza della produzione sono state sino ad ora un nano politico. La Lega consente di trasformare questo che è stato un nano politico (a causa delle divisioni) in un gigante politico.
Nella prospettiva di una vittoria del Polo, cosa cambia con lei al timone dell'economia?
«Il Polo è stato molto realista nella politica fiscale nel 1994, non ci sono stati problemi di bilancio. All'opposto, il '94 è stato per i conti pubblici, annus mirabillis. Basta leggere le relazioni della Banca d'Italia, per verificarlo. Quindi, saremo assolutamente realisti e ci rendiamo conto dell'onere e dei vincoli comunitari. A differenza di Amato che è stato fanatico nel fare debito pubblico, fanatico nel fare il cosiddetto "risanamento". Attualmente è di nuovo fanatico nel fare il debito pubblico. E il titolare di una finanziaria con il buco».
In realtà, cosa cambia?
«Cambia che con una nuova legge Tremonti cancelleremo la tassa di successione e donazione che ormai dà un gettito ridicolo e recupereremo la perdita. Faremo una riforma fiscale molto meno demagogica di quelle promesse dalla coppia Rutelli-Visco».
La sinistra vanta di essere riuscita, quanto all'economia, di far entrare l'Italia in Europa. Un merito che le riconosce?
«Primo, è un merito di tutta l'Italia e non solo della sinistra e noi nel '95 abbiamo fatto una finanziaria da cinquantamila miliardi. Altro punto, sta venendo fuori la verità e cioè l'Italia non ha fatto il tre per cento e quindi è entrata in Europa, ma e stata fatta la scelta di includerla nell'Euro. È stata fatta una scelta politica in Germania di includere l'Italia nell'Euro e allora l'Italia ha fatto il tre per cento».
Questo comporta?
«Che l'economia italiana dev'essere risanata e che esiste solo un modo per risanarla: si chiama sviluppo».
A proposito dell'Europa chiedo ad un economista, riusciamo effettivamente ad andare oltre l'Europa delle banche? Qual è la sua Idea dell'Europa tra integrazione e Nazione?
«L'Euro è stato necessario ma non è sufficiente. La dottrina dell'ingranaggio poteva funzionare solo nei limiti in cui ha funzionato. Adesso occorre superare il deficit democratico».
Come?
«Con una nuova costituzione europea. Le costituzioni sono fatte da due parti. Quella sui diritti e la parte sulla forma di Stato. La parte sui diritti per noi è la gloriosa Convenzione del 1950. La parte sulla forma di Stato, in questo caso la forma dell’ Unione, è l'Unione degli stati sul modello Gisgard. Tutto questo presuppone il più ampio, possibile, coinvolgimento dei popoli. Non si può superare il deficit democratico con operazioni di carattere autocratico, che vanno bene, forse, per la moneta, ma non vanno bene per la politica».
Una lunga, aspra campagna elettorale. Teme qualche sorpresa?
«In quest'ultimo anno e mezzo il Paese ha perso due cose: ha perso competitività e cioè ha perso un anno e mezzo di non politica, cosa che è colpevole perché è nella bella stagione, con la ripresa, che si fanno le riforme. Amato, invece, si è comportato come una cicala, ha oziato durante l'estate. Seconda colpa la caduta di credibilità verso la politica. Un anno e mezzo di non politica, di negazione del voto democratico allontana la gente dalla politica. Un cittadino vota per Prodi e si ritrova D'Alema. Vota contro D'Alema alle regionali e si ritrova Amato. Si spetta finalmente di poter votare Amato e si ritrova Rutelli».
Meglio Rutelli o Amato?
«Non c'è limite al peggio».