Federalisti per costituzione
C’ è un comma secondo al centro della politica italiana. Al centro della politica seria, che progetta il futuro del Paese.
C’ è un comma secondo al centro della politica italiana. Al centro della politica seria, che progetta il futuro del Paese. È il comma secondo dell'art. 117 della Costituzione, che prevede l'aggiunta, alle materie di competenza regionale, di: «Altre materie indicate con legge costituzionale». Vuol dire che la devoluzione è nella Costituzione. E dunque che la devoluzione è l'esatto opposto dell'eversione. Non ha infatti altro senso, la norma costituzionale contenuta nel citato secondo comma, se non proprio quello di introdurre in positivo, nella meccanica e nella dinamica costituzionale italiana, la devoluzione in forma di trasferimento dallo Stato alle Regioni di ulteriori competenze legislative e perciò politiche, in quantità non limitate e in tempi variabili. In specie, il comma secondo non serve per permettere l'estensione delle competenze legislative (e perciò politiche) regionali. Questa è infatti già possibile, tanto in base all'art. 138, in materia di revisione costituzionale, quanto in base all'art. 139, che esclude dalla possibile revisione costituzionale solo la forma repubblicana. Libera dunque la revisione di tutto il resto. Se il secondo comma ha un valore, e deve avere un valore, in base al criterio interpretativo fondamentale del «legislatore economico», questo non è dunque solo nel senso di permettere, ma molto più, nel senso di indicare la devoluzione come base programmatica fondamentale del progetto costituzionale. Non solo. Il secondo comma non è una monade, non è un nucleo a sé, all'interno del corpo costituzionale. È, all'opposto, parte strutturale della Costituzione. Il grado di federalismo in essere all'interno della Costituzione del 1948 è infatti enormemente più alto di quanto si creda, o si voglia far credere, superficialmente o strumentalmente. Art. 5: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove l'autonomia locale... adegua i principi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia...». E, quella che ne deriva, una struttura politica in equilibrio tra due spinte. Verso l'esterno, l'unità della Repubblica, in una logica di blocco geopolitico. Verso l'interno, per contrappeso, un movimento politico che deve essere sistematicamente costruito dal basso verso l'alto.
La Costituzione scritta è stata tradita dal la costituzione materiale, attraverso mezzo secolo di centralismo reale. Non solo le leggi statali hanno seguito il percorso inverso, nelle materie di competenza statale, ma hanno invaso e invadono sistematicamente anche le competenze regionali. Un esempio. La Costituzione riserva alle Regioni tutta la competenza legislativa (e perciò politica) in materia di «assistenza sanitaria e ospedaliera». La legge Bindi è l'opposto. Che fare? Non è lo Stato (il Parlamento nazionale) che concede il federalismo, un curioso modo questo di fare il federalismo, nella logica del centralismo. La via non è in specie quella Amato-D'Alema, una riforma «federale» della Costituzione che non è federalista, né nel merito (quasi tutto resterebbe infatti allo Stato), né - soprattutto - nel metodo configurandosi il federalismo come concessione «graziosa» fatta dallo Stato. Sono invece le Regioni che, sulla base politica essenziale di referendum propositivi regionali, devono presentare in Parlamento proprie formali proposte di legge costituzionale (artt. 121, secondo comma; 138), mirate alla devoluzione (ari. 117, secondo comma). Complementarmente, i nuovi statuti regionali possono e devono, opportunamente e legittimamente, incorporare questa tecnica costituzionale di devoluzione come obiettivo e fine e ragione essenziale del loro federalismo.