«Errore, sborsati 40 mila miliardi in più»
Tremonti: ma quale alleggerimento, le entrate del Fisco nel '99 sono aumentate del 14 per cento
ROMA - «Altro che riduzione della pressione fiscale, come Fazio chiede, D'Alema promette e noi invochiamo da anni. Nel 1999 è successo il contrario - attacca Giulio Tremonti, ministro delle Finanze nel governo Berlusconi - Qualcosa come 40 mila miliardi in più sono usciti dalle tasche dei cittadini. E i giornali, in coro, che plaudono al boom delle entrate..»
Cosa dovrebbero fare, professore?
«Rilevare l'incoerenza di questo aumento: non era stata promessa l'invarianza della pressione fiscale? Quarantamila miliardi sono una cifra enorme, un aumento del 14 per cento delle entrate mentre il prodotto lordo è salito appena dell' 1 per cento. E se il governo ne restituirà, in ritardo, solo 10 mila agli italiani, questo vuol dire che l'aumento netto stato di 30 mila miliardi. Il motore del fisco è ancora in piena azione e dunque anche quest'anno vi sarà un surplus di entrate. Altro che alleggerimento...»
Ma l'aumento non viene dalla lotta all'evasione?
«Solo per 10 mila miliardi. Altrimenti, in base all'accordo di Natale con i sindacati, il governo avrebbe dovuto restituire una cifra maggiore ai lavoratori: pacta sunt servanda. Per la verità 10 mila miliardi mi paiono anche troppi. Vediamo: 3000 da studi di settore, concordato fiscale e contenzioso, 2 mila dalla velocizzazione delle cartelle esattoriali e siamo a 5 mila. E l'altra metà? Dal lotto di Stato che sta debellando il lotto nero? Vorrei fare, in ogni caso, un richiamo alla coerenza».
Avanti, onorevole.
«Gli studi di settore, il concordato e lo smaltimento del contenzioso, soim dovuti a provvedimenti introdotti da me, nel 1994. E Visco, che li ha messi a punto, in Parlamento votò contro».
Perché, allora, gli effetti positivi si sono fatti sentire con tanti anni di ritardo?
«Perché intervenire sul fisco equivale a girare un transatlantico: bisogna aver pazienza, aspettare. Ma non he detto degli altri 30 mila miliardi di incremento. Non si capisce come siano venuti fuori: probabilmente dai vari aumenti delle bollette, acqua, luce, gas e della benzina, la quale ha effetti su accise e lva. Quel che certo è che sono usciti dalle tasche dei cittadini».
Mario Baldassarri dice che il peso dello Stato passi dal 50 al 40 per cento del pii in tre anni con tagli di spesa e riduzioni d'aliquota del 2 per cento l'anno.
«La direzione è giusta, ma i congegni fiscali sono molto complessi e non va bene quel meccanismo rigido e geometrico del 2 per cento l'anno. Meglio un obiettivo generale, come quello fissato da Forza Italia la primavera scorsa: 60 mila miliardi di tasse in meno in tre anni».
Ma come la mettiamo, con i vincoli di Maastricht?
«Bisogna fare meglio i calcoli. Ridurre le aliquote non comporta un calo secco del gettito, ma il passaggio da un tipo di prelievo a un altro. Con 1 milione in più in busta paga, uno si compra un divano e paga il 20 per cento di Iva, mentre il produttore darà più soldi di Irpeg. Senza contare l'effetto-spinta dello sviluppo».
Quali tagli della spesa sociale auspica?
«Non sta a noi fare proposte, ma al governo. Se saranno serie le voteremo, come nel 1995 con la riforma Dini».