Se l'8 per mille diventa buddista
C’è una ragione per dare ai buddisti i soldi dello Stato? Più in generale, c'è una ragione per finanziare la trasformazione dell'Italia «in chiave multietnica e multireligiosa»? Il governo pensa di sì.
C’è una ragione per dare ai buddisti i soldi dello Stato? Più in generale, c'è una ragione per finanziare la trasformazione dell'Italia «in chiave multietnica e multireligiosa»? Il governo pensa di sì. E per questo pensa di estendere il campo di applicazione dell'8 per mille all'Unione Buddista che, per suo conto, ha espresso «la sua grande soddisfazione e ringraziato il governo per la sensibilità dimostrata». Mi sia concesso dissentire e formulare la ragione contraria, la ragione dei conservatori contro l'impulso dell'avanguardismo. Credo di conoscere abbastanza bene la ragione e la funzione dell'8 per mille. Per una ragione abbastanza semplice. Perché l'ho costruito e proposto, all'interno della «Commissione paritetica» costituita per dare attuazione al nuovo Concordato tra Italia e Santa Sede. La storia dell'8 per mille è per molti versi affascinante. Il vecchio sistema di finanziamento statale della Chiesa cattolica si basava sul meccanismo della congrua. A sua volta, la congrua si basava sul vecchio codice canonico. Molto semplificando, in base al vecchio codice canonico la parrocchia era patrimonialmente organizzata come un «feudo». Fatto convenzionalmente pari a 100 quanto necessario al parroco per vivere, se i redditi prodotti dal patrimonio parrocchiale erano 100 o più, lo Stato non dava niente. Se erano meno, lo Stato dava il complemento a 100. E cioè, appunto, la congrua. Per funzionare, un meccanismo così strutturato presupponeva il controllo statale sul patrimonio ecclesiastico e, in questi termini, attraverso il ministero degli Interni e le Prefetture, prendeva forma un sistema di potere capace di influire, e non marginalmente, sulla vita civile e politica dell'Italia. Poi tutto è cambiato. Il vecchio codice canonico è stato abrogato e sostituito da un nuovo codice, più coerente con la dimensione universale della Chiesa cattolica. L'eliminazione della base tecnica non ha tuttavia fatto, e non fa, venire meno la ragione del finanziamento statale alla Chiesa cattolica. Ragione che non è costituita dalla funzione morale, ma dalla funzione sociale della Chiesa cattolica. Funzione che in Italia è storica, intensissima e fortemente positiva. Perché le parrocchie funzionano anche come presidi sociali, come centri di coesione e di solidarietà.
Basato su questa «causale» l'8 per mille non è un meccanismo fiscale (fiscale è infatti solo la sua collocazione all'interno della dichiarazione dei redditi), ma piuttosto un meccanismo di destinazione diretta della spesa pubblica. E in specie una forma originale ed efficiente di democrazia diretta, mirata al finanziamento di attività sociali. In particolare, per l'applicazione dell’8 per mille non è sufficiente che ci sia una religione, ma necessario che a questa si associ ima funzione sociale. E non è sufficiente che questa sia in potenza, ma necessario che sia in atto. Una scelta come quella del governo, che inverte i fattori, anticipa i tempi e dunque influisce direttamente sulla realtà sociale, non pare dunque conforme alla logica dell'8 per mille. E neppure al suo spirito. Al fondo, si pone il dilemma tra mutazione e conservazione. Se non è giusto, e neppure possibile, impedire la diffusione di religioni nuove per l'Italia, è giusto spingersi all'estremo opposto, addirittura finanziando la mutazione della società italiana? La ragione dei conservatori va contro questa ipotesi. E vero che la politica futura, o il futuro della politica, si sintetizza nella formula giocai. E dunque nella ricerca sistematica di punti di equilibrio, tra globale e locale. Ma è anche vero che, in una modernità così strutturata, la forza di una società non si trova solo nella sua apertura e flessibilità, ma anche e soprattutto nella sua capacità di conservare i caratteri fondamentali e originari che ne costituiscono la struttura storica.