Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Giorno/Resto/Nazione

Questa sinistra che odia gli operai

Intervista: Parla Giulio Tremonti, ex ministro delle Finanze, che critica la riforma varata dall’Ulivo: toglie ai poveri e dà ai ricchi

Roma – “Quella di Visco? Una riforma fiscale di destra, che ha tutti i difetti del vecchio sistema senza i vantaggi del nuovo”.  Di destra, professore? Via, non esageri … “Perché lei come definirebbe un sistema tributario che tassa i ricchi con imposte proporzionali e i lavoratori con tributi progressivi? E’ una riforma contro il lavoro”. Giulio Tremonti, ordinario di diritto tributario a Pavia, uno degli esperti  economici di Forza Italia e ministro delle finanze del governo Berlusconi, non ha mai avuto problemi a parlar chiaro. Tanto più se lo si sollecita a dare i voti alla grande riforma fiscale del centro sinistra. “E’ accaduto quella che Vitaletti ed io prevedevamo negli anni ’80 – spiega – e cioè che l’imposta personale progressiva non solo era sommamente ingiusta, ma che alla fine solo “Cipputi” avrebbe continuato a a pagarla, mentre “Riccuti”, utilizzando i circuiti finanziairi, sarebbe riuscito a sottrarsi alla tassazione”. Col risultato, prosegue Tremonti, che “le 100 lire che remunerano l’operaio sono tassate progressivamente, mentre le 100 che remunerano l’imprenditore o il proprietario di dieci case sono tassate proporzionalmente con aliquota fissa”. E spiega, il professiore, perché secondo lui questa sinistra fa più regali ai “capitalisti” di quanti non ne farebbe lui, liberista del centro destra.

Roma – Professor Tremonti, ce la spieghi questa sinistra che, a suo dire, colpisce fiscalmente il lavoro e fa “regali” ai capitalisti
“Il presupposto dell’imposta personale progressiva era uno Stato forte, capace di controllare un territorio-container della ricchezza. A mano a mano che la ricchezza si è progressivamente liberata dai vincoli del territorio, si è cioè dematerializzata e finanziarizzata, è caduto il primo presupposto. Nel contempo è entrato in crisi lo stato-nazione. Quando cominciai a fare queste considerazioni fui definito addirittura un eversore, subii un vero e proprio processo a Bologna, nella biblioteca del Mulino, da parte d un gruppi di celebrati esorcisti i quali mi condannarono sul presupposto che, siccome di  queste cose io parlavo, le volevo, e quindi le causavo. Sa, era gente che ideava tasse per bloccare i movimenti della ricchezza. Ricordo bene l’espressione: “Mettere la sabbia negli ingranaggi”.
E alla fine, par di capire, questa iniqua progressività è rimasta solo sui redditi bassi.
“L’imposta progressiva personale si è svelata all’opposte fortemente regressiva. Visco era uno dei più feroci difensori di questa ortodossia giacobina, ma da quando ha cominciato a fare i ministro sembra aver dimenticato il passato e fa proclami liberisti. Però ha messo in piedi una riforma con tutti i difetti del vecchio sistema”.
Vediamo perché
“Innanzitutto non si passa dal complesso al semplice: non basta stringere i caratteri sul 740 per dire che il sistema fiscale è semplificato”
E il federalismo? L’Irap è destinata proprio alle Regioni…
“L’Irap è l’opposto del federalismo, che presuppone l’utilizzo delle entrate e delle uscite sotto gli occhi dei contribuenti. L’Irap è amministrata dallo Stato: dov’è il controllo democratico? Quanto poi alle addizionali Irpef regionali e comunali, sono solo una pittoresca caricatura del federalismo”
Ricapitolando: i poveri dalla parte della progressività, è cioè dell’iniquità, i ricchi dalla parte della proporzionalità.
“Prendiamo la riforma della tassazione delle rendite finanziarie, che grava in modo proporzionale su tutti i guadagni di capitale. Una tecnica che la sinistra aveva denigrato, salvo fare ora una quantità considerevole ed immotivata di regali ai “capitalisti” che io e un governo di centro-destra non ci saremmo mai sognati. Per non parlare poi dei redditi d’impresa e della Dual incme tax, la Dit”
Ma come, la Dit è alla base del Patto di Natale e la Confindustria è d’accordo ad allargarla...
“Con la Dit viene fatto passare il principio della equalizzazione dei redditi d’impresa con le rendite finanziarie. Ma perché sull’intero reddito prodotto da un’impresa colpire il fattore capitale in maniera proporzionale, e remunerare invece il fattore lavoro con l’aliquota marginale progressiva? Vale anche per gli immobili: perché favorire proporzionalmente chi possiede dieci case?”
Lei dipinge una sinistra che divora la sua storia.
“L’odio per il lavoro si spinge fino al punto di tassarlo in modo perverso anche con l’Irap, dal momento che questa imposta favorisce l’impresa che ha molto utile, molto patrimonio e quindi pochi debiti, mente va malissimo all’impresa che ha poco utile, tanti operai e tanti debiti. L’odio per il  lavoratore è addirittura doppio: con la Dit si favorisce il capitalista, con l’Irap si punisce Cipputi”.
Se la Dit è così favorevole alle imprese, perché allora si continua a dire che la tassazione deve diminuire? Lo dice anche Fazio
“Non mi citi il governatore: fino al ’94 sosteneva la necessità di aumentare la tassazione, si scagliò contro la detassazione degli utili con lo stesso rigore geometrico con cui benedisse la detassazione delle automobili. E’ profondamente un pentito. Quanto a Visco, ideologicamente manifesta una cupidigia di compiacere il capitalismo italiano, ma nei fatti non ci riesce. La Dit resta complicatissima, macchinosa, virtuale: sulla carta potrebbe convenire, in concreto no. Quando all’Irap, è vero che ha avuto un gettito di 9 mila miliardi inferiore alle stime, ma è stato fatto un enorme regalo esclusivamente ad alcuni settori industriali (le Telecom ha dichiarato di aver risparmiato 700 miliardi), mentre tutto il mondo che pria non pagava l’Ilor è stato penalizzato."
Il governo dice però che la pressione fiscale italiana è in linea con quella europea.
“il 37 pere cento? E’ vero, ma dimenticano di dire che c’è l’Irap, il 4,24 per cento applicato su una base imponibile più larga. Su 100 lire di utile si pagano 37 lire di Irpeg, poi però bisogna attaccarci l’Irap che spesso porta la tassazione oltre il 50 pere cento”
La crescita del Pil ’99 sarà grigia. Esiste una ricetta fiscale per sostenere lo sviluppo?
“In Europa il capitale costa poco ed è deregolato, il lavoro costo molto ed è iperregolato. Paghiamo l’ossessione del basso costo del denaro, un risanamento fatto abbassando la remunerazione del risparmio. In Germania il 3 per cento di rendimento dei Bund è reale. Ma in Italia l’inflazione sui servizi, cioè sulla bollette, sta ben oltre l’1,5 per cento. Il risparmio è quindi remunerato zero, con due conseguenze catastrofiche: crisi della funzione sociale del risparmio e conseguente crollo della domanda. Esattamente il contrario di quanto accade negli USA col fenomeno dello spending more, saving less: là i bassi tassi inducono maggior consumo, da noi i bassi rendimenti inducono solo alla crisi della domanda. E’ fallito il modello della Banca d’Italia”