Perché propongo il modello tedesco
Al referendum voterò “sì”. Ma votare “sì” non basta. Il sistema politico italiano sta infatti nuovamente girando a vuoto, sugli assi tolemaici di troppi egoismi, di troppe nostalgie interessate, di troppi giochi ‘a somma zero’.
Al referendum voterò “sì”. Ma votare “sì” non basta. Il sistema politico italiano sta infatti nuovamente girando a vuoto, sugli assi tolemaici di troppi egoismi, di troppe nostalgie interessate, di troppi giochi ‘a somma zero’. E non solo. Mentre nel Paese cresce la domanda di ‘governance’ dal palazzo se ne diminuisce l’offerta. Dai flussi migratori ai progressi scientifici, agli andamenti demografici, permono in realtà, e su scala vasta e crescente, fenomeni che postulano soluzioni politiche non casuali e non banali. All’opposto, la politica italiana sta implodendo nel minimalismo e nel ‘particularisme’. Due legislature, al posto di una. Sei governi in sette anni. Quarantaquattro ‘partiti’ ammessi al finanziamento pubblico. Quindici gruppi parlamentari. Un governo reso possibile dal sostegno di dieci diversi raggruppamenti politici. Due repentini ribaltamenti delle maggioranze parlamentari scelte dagli elettorati (si legge sul Mulino: «Un’operazione di rara violenza politica ha abbattuto il governo Prodi» e non solo!). Oltre ai numeri assoluti, ciò che in particola impressiona è la proliferazione, l’evoluzione ‘darwinista’ delle specie politiche: dai partiti-azienda ai municipi-partito, dai pubblici uffici capitalizzati come ‘futures’ politici alle liste antropomorfe, dai movimenti personal-popolari ai cartelli di potere, si stanno moltiplicando ed ibridando, su scala crescente, specie politiche di tipo ‘nuovo’. È così che il ‘laboratorio’ italiano produce e presenta al paese una fenomenologia politica regressiva. Lo spettacolo di rappresentanze senza governo a fronte di governi senza rappresentanza, di deleghe senza convinzioni e di convinzioni senza deleghe. In particolare, più è forte la ‘validità’ politica, più è vuota l’agenda politica. In rapporto di proporzione inversa, più si fa intenso il movimento delle specie politiche, più si fa alto il numero delle cose non fatte, accantonate, fatte male. È difficile pensare che tutto ciò sia nell’interesse del paese. Soprattutto in questa fase storica. Il referendum è necessario, ma non è sufficiente. Chi si illude sulla compiuta magia del ‘maggioritario’ è un po’ come il selvaggio che esibisce la sveglia al collo, ma non la sa usare perché non ha l’idea del tmepo. Il ‘maggioritario’ è un mezzo, non è il fine. Il fine è il bipolarismo, che può essere ottenuto con mezzi molto più efficienti. Il sistema elettorale italiano post-referendum sarà infatti radicalmente ‘uninomale-maggioritario’. Come in Inghilterra ed in Francia. Ma senza la storia inglese, senza il presidente francese. Post-referendum la ‘nuova’ legge elettorale sarà in specie simile alla legge elettorale vigente per l’elezione del Senato della ‘prima repubblica’. E qui in fine sperimentata per l’esercizio di un vastissimo e pessimo ‘mercato’ politico. Aumenterà di conseguenza la deriva antropomorfa, con la proliferazione di capibastone, guaritori, tribuni della plebe, sciamani, atleti, cuochi, discjockey, etc. Che fare? Dare lo ‘scettro al popolo’ vuole dire due cose essenziali: che il popolo sceglie il governo; che il palazzo non lo frega. Il modello costituzionale tedesco centra pienamente questi due obiettivi: la governance e il bipolarismo. Non si tratta di un modello sperimentale. Si tratta di un modello sperimentato, che può essere importato articolandolo come segue: a) uno sbarramento alla base del 5% impedisce la frammentazione (i c.d. “partitini”); b) il popolo vota direttamente per la coalizione che si candida al governo: c) se il governo cade, si rivota. I partiti che fanno il ribaltone perdono il finanziamento pubblico, e non possono partecipare con gli stessi simboli e/o contrassegni alla successiva tornata elettorale. Ai cittadini non interessa tanto come si vota, quanto soprattutto cosa fanno gli eletti. È sul governo che si concentra infatti l’interesse popolare. A proposito di popolo, se in italia ci fosse già il sistema tedesco, un referendum abrogativo contrario sarebbe bocciato su vastissima scala. Ed un referendum ‘confermativo’ sarebbe plebiscitato. C’è un tempo per la proposta. Questo tempo è arrivato. E se nei prossimi due o tre anni si prosegue con gli esperimenti politici, nel frattempo il paese va a rotoli. Se si pensa che il referendum sia da solo il principio di un ‘nuovo ordine’ se non si fa presto una riforma dopo i referendum del 1992-1993, dopo il referendum del 1999, più o meno nel 2000-2001 verrà il ‘terzo referendum’. Ma fatto al contrario, fatto direttamente dai cittadini, stanchi degli esperimenti politici e stanchi tanto dei ‘vecchi’ quanto dei ‘nuovi’ politici. Non sarà una rivoluzione, sarà peggio. Dopo l’astensione dal voto (che non è fiducia, ma schifo per la politica) verrà infatti la secessione dal voto. E, con questa, dall’idea stessa del paese.