Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Liberazione

"Meglio il proporzionale"

Intervista a Giulio Tremonti, ex ministro del governo Berlusconi

C’è poca gente al Teatro Montecitorio. Gruppetti sparsi di peones che parlottano tra loro. Mentre i destini della politica di casa nostra sono affidati alle consultazione dei magnifici sette. I riflettori sono puntati su palazzo Chigi e sulle interminabili riunioni, rigorosamente a porte chiuse. Questa volta il nuovo governo potrebbe nascere insieme a Gesù bambino. Piccola consolazione, viste che a Natale dovremmo essere tutti più buoni. Ma nelle ultime ore un nuovo fantasma rincorre il premier con i baffi. Come se non bastassero quelli macbethiani che hanno fatto cresce Asinelli e Trifogli.
Abbiamo sbagliato. Alla fine nel deserto dei contenuti di questa crisi di governo è spuntato un cactus. Tanto spinoso peri l premier, quanto trasversale per le forze politiche. Sempre più richiesti come esperti, i botanici gli hanno già trovato un nome: lo chiamano “legge elettorale. Proporzionale”. E visto il tema, la memoria corre ad una vecchia proposta fatta assieme qualche tempo fa da Giuliano Urbani e Giulio Tremonti. E’ proprio con quest’ultimo che affrontiamo il tema del giorno.
Cosa pensa della proposta di legge elettorale del Trifoglio, che a ben vedere può essere letta come un ennesimo ultimatum al premier incaricato?
Una premessa, penso in proprio. O meglio Tremont-Urbani. Abbiamo già presentato da tempo una proposta di legge che assumeva il modello tedesco, senza alcuna variazione degli articoli della Costituzione italiana. Accompagnata da una relazione che mi permetto di segnalare come un documento che illustra le ragioni del proporzionale in forma storica e scientifica. La proposta di Enrico Boselli prevede un cambiamento costituzionale, così come è stato per l’elezione diretta dei presidenti delle regioni. La nostra proposta è operativa subito, non modifica la Costituzione, dà stabilità,  e garantisce un’alternanza fisiologica e non patologica. Antiribaltone, insomma. La prova del nove? Se ci fosse il sistema elettorale tedesco non ci sarebbe bisogno di alcun referendum.
Nell’attuale contesto politico, ipotizzare una legge elettorale “alla tedesca”, significa nei fatti aprire altre divisioni. Sia all’interno della maggioranza di governo che dell’opposizione
E’ una materia che non va trattata in maniera dogmatica e fideistica. Insomma, non si va sul monte Sinai e si viene giù con le tavole del maggioritario. L’approccio deve essere laico. La legge elettorale è un mezzo e non un fine. L’obiettivo è lo stesso per tutti: cercare un meccanismo che garantisca sovranità al popolo e rappresenti la volontà di ciascuno assicurando stabilità politica e non rubabilità di voto. E allora può andare bene anche il sistema del parlamento europeo. Ci sono due sole eccezioni: l’Inghilterra e la Francia. Nel primo caso finiremo per avere un sistema inglese senza la storia dell’Inghilterra, (lo stesso Blair sta pensando di lasciare il maggioritario). Nel secondo caso voteremo come i francesi senza avere però il presidente come in Francia.
Perché il sistema maggioritario appara come la  panacea di tutti i mali della politica italiana?
Il sistema maggioritario è diventato un qualche modo la metafora del cambiamento in positivo. Una sorte di suggestione futuristica in cui il sistema proporzionale viene identificato con la fase peggiore della prima Repubblica. Ma pensiamo alla prima fase: dal ’45 al ’71 – ’72 il sistema proporzionale ha funzionato bene. Solo dopo ci sono stati il debito pubblico e la corruzione politico o cleptocratica, che non sono però stati prodotti dal sistema elettorale. Sono piuttosto figli del compromesso storico, che è tutt’altra cosa. La nostra proposta era attuabile in un giorno. Con una sola scheda il cittadino vota il suo parlamentare e il capo della coalizione di governo. E’ poi previsto uno sbarramento alla base, e fatto salvo il diritto di tribuna. C’è anche un meccanismo antirabaltone, costruito sulla revoca dei finanziamenti pubblici e sulla preclusione d’uso dei contrassegni e dei simboli di partito per le successive tornare elettorali.
Enrico Boselli è stata la testa di ariete per un possibile cambiamento della legge elettorale. Da Forza Italia sono arrivate parole di apprezzamento.
La proposta di Boselli non è male.  Anche se per forza di cose prevede tempi molto più lunghi della nostra. La proposta Urbani-Tremonti può essere messa in pratica subito, con una legge ordinaria. Ovviamente l’una non esclude l’altra. Si potrebbe partire dalla nostra e poi perfezionarla.