Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Padania

«Marciamo uniti per il Nord»

L'illustre esponente di Forza Italia propone al Carroccio patti chiari e alla luce del sole

Professor Tremonti, ha letto l'intervista a Roberto Maroni pubblicata ieri su la Padania?
«Sì, l'ho letta con attenzione».
Cosa ne pensa? Il Blocco Padano, e quindi la Lega, che ne fa parte, fa bene ad aprire un tavolo di “discussione" su tematiche ben precise con chi è interessato seriamente a risolvere i grandi problemi del Nord?
«Fa benissimo. Ma farebbe malissimo a rivolgersi all'Ulivo. Da quella parte la Lega troverebbe soltanto gente che mai è stata, né mai sarà neppure lontanamente federalista. L'unico federalista di sinistra è stato Proudhon».
Il Polo invece?
«Le ricordo che al congresso di Forza Italia, svoltosi ad Assago l'anno scorso, venne votata una mozione, presentata dal sottoscritto, che credo non possa essere sottovalutata dal Carroccio. Forza Italia non ha paura di sedersi al tavolo con Bossi e discutere, mettere "nero su bianco", come ha detto il leader della Lega. E spazzar via la sinistra centralista da tutto il Nord, e non solo».
E’ molto deciso Giulio Tremonti, illustre parlamentare di Forza Italia, nel rivolgere alla Lega un appello per accantonare le incomprensioni del passato e discutere con calma l'opzione federalista In vista di possibili nuove alleanze tattiche. Per farlo ha scelto proprio la Padania. Professor Tremonti, cosa risponde a Roberto Maroni?
«Maroni, e lo dico con simpatia, mi sembra il più "romano" dei leghisti. Romano nel senso che considera come termine di riferimento la sinistra, la quale ha un Dna centralista. Maroni poi dovrebbe rendersi conto di un dato di fatto evidente».
Quale?
«La sinistra nel Nord è ridotta ormai ai minimi termini. Guardiamo quali sono le percentuali della sinistra in Lombardia ed in Veneto e si capiscono immediatamente i rapporti di forza tra noi e loro».
Questo che c'entra, scusi?
«C'entra, c'entra. La sinistra è tipicamente romana, nel senso più esteso del termine: è assistenzialista, statalista, centralista...La Lega non credo possa quindi aprire alla sinistra. E poi l'alternativa non è più tra destra e sinistra».
Tra cos'altro?
«Rispetto alla linea politica ed etica che il Carroccio sta sviluppando, e che mi trova perfettamente d'accordo, l'alternativa è tra mondo americano e mondo cristiano. Nonché tra globale e locale. Non si può dialogare con gente che passa disinvoltamente "from Marx to Market", cioè da Marx al Mercato con la emme maiuscola, sostituendo un'ideologia vecchia con una nuova (e perdendoci nella scelta!). Al confronto di questi personaggi odierni, con o senza baffi, il vecchio Marx non era poi così male».
Lei si riferisce a D'Alema, ai Ds, all'Ulivo?
«Esattamente. Mi riferisco agli adoratori ideologici del Mercato. D'Alema in ginocchio davanti ai santuari della grande finanza che invoca il mercato come "constituency" non è un bello spettacolo. Questa gente è centralista e vecchia. Il nuovo sta da un'altra parte e va costruito su una linea federalista. La politica futura, e il futuro della politica, o sono federalisti oppure non sono. Più forte è la globalizzazione, tanto più forte deve essere per contrappeso il radicamento alla tradizione».
Il nocciolo della questione è quindi quello tra globalizzazione da un lato (mondo americano) e tradizione dall'altro (mondo cristiano europeo)?
«Sì. Noi dobbiamo inevitabilmente rafforzare il radicamento alla tradizione dei popoli. Serve insomma una formula politica capace di definire il migliore mix tra questi due fattori. C'è un intero mondo di valori che si inseriscono in questa dialettica. L'ho scritto qualche giorno fa: "Mac Donald versus polenta, Halloween versus befana, Goretex o lana? Non è un gioco, è politica pura. Usi e costumi, famiglia, vino, valzer, liscio, botteghe versus Coca-Cola, Pop, Rap, jeans, mega o super store, ecstasy, sono materiali che, sprigionando la forza di una nuova dialettica, concretano la forza di un nuovo materialismo storico"».
E il federalismo serio servirà ad evitare di restare soffocati da questo tipo di globalizzazione estrema made in Usa?
«Il federalismo è essenzialmente riduzione del potere centrale e riacquisizione dei governi locali. Ricordiamoci tutti che le cose più forti sono quelle flessibili. L'obiettivo finale perciò dev'essere certo, ma progressivo e flessibile il modo di raggiungerlo. Proprio perché si deve raggiungere. È chiaro?»
Il problema è di essere massimalisti nei risultati e non nei mezzi. E’ questo che lei vuol dire?
«Esattamente questo. Il che mi sembra essere proprio la politica che fa la Lega. Il Carroccio vuole ottenere risultati chiari a vantaggio della gente Nord. Secondo me, questi risultati sono la riduzione dei poteri dello Stato centrale a cinque competenze (moneta, esteri, difesa, giustizia federale e garan zie di base del "welfare State"). l territori richiameranno dal centro tutte le altre competenze in funzione delle loro libere scelte politiche e in funzione delle possibilità di esercitare concretamente le funzioni richiamate».
Ovvero?
«Il tasso di federalismo che interessa alla Lombardia può essere eccessivo invece per la Basilicata. Bisogna però impedire che il “troppo" della Basilicata diventi, con effetto di blocco, un "poco" per la Lombardia o per il Veneto. Federalismo vuol dire flessibilità, lo scrissi già nel '92, nel mio libro sul federalismo fiscale. Il federalismo non è l'alternativa al centralismo, cioè tutti uguali nell'unità, tutti uguali nella diversità. Perché l'uguaglianza nella diversità è una contraddizione».
Cos'è invece il federalismo?
«È la valorizzazione nelle diversità, ovvero nelle competenze e nei tempi del processo. Ci può ben essere un federalismo progressivo: chi è già pronto parte subito, gli altri vengono dopo».
Niente a che vedere con quel Testo unico governativo in discussione attualmente alla Camera.
«Quella è propaganda di basso livello. La sinistra vuole semplicemente donare il centralismo nel federalismo. È solo un centralismo più piccolo. A noi invece non interessa fare Stati più piccoli, è chiaro? Federalismo significa libertà e libertà non è parte della tradizione di sinistra, né per gli individui, né per i territori. Ha ragione però Bossi: certe cose devono essere messe nero su bianco».
Patti chiari, amicizia lunga?
«Il massimalismo del tutto o niente porta a niente. Quindi diciamo a Bossi: studiamo insieme un progetto, un "work in progress" alla Pagliarini. La sinistra si è espressa invece con il disegno Amato-D'Alema. È vero che hanno accettato le mie proposte sul federalismo fiscale, ma vi hanno aggiunto aggettivi e giri di parole che tolgono nettezza all'impianto».
Qual è l'impianto?
«Primo: il federalismo demaniale. Il demanio è abolito e i territori concedono il diritto d'uso allo Stato limitato solo ai beni extra-demaniali ritenuti ancora essenziali in funzione dei nuovi compiti della Difesa. Secondo: i tributi locali sono gestiti integralmente in loco dai governi locali. Gli altri tributi sono riscossi dallo Stato che ne può trattenere solo la quota necessaria per l'esercizio delle sue competenze essenziali (cinque) e per le funzioni di solidarietà non assistenzialistica. Netto da questa quota, il gettito fiscale è restituito ai territori dove la ricchezza tassata è stata prodotta o scambiata. L'impiego delle risorse fiscali proprie dei governi locali è da parte di questi autonomo e libero, in base alle loro autonome scelte politiche».
Ogni governo locale sarà quindi in grado di scegliere il da farsi?
«Proprio così. E non è finita. Questo impianto ha, tra le parti essenziali, la possibilità per le regioni di coordinarsi ed integrarsi nelle loro strutture di azione amministrativa e di rappresentanza politica. È il nucleo di futuri e possibili parlamenti regionali o macro-regionali».
Sta parlando del Par-lamento del Nord?
«Chiamatelo come volete. Credo che alla Lega possa interessare questo discorso concreto. Oppure preferisce le fumisterie della sinistra e i suoi voti bla-bla? Queste cose le presentai al congresso di Forza Italia ad Assago nell'aprile del '98 e furono approvate a maggioranza».
Forza Italia favorevole al Parlamento del Nord e a tutto il resto. Ci sta dando una grande notizia.
«Guardi che tutta la base forzista applaudì la mia mozione, non sto dicendo cose incredibili».
Anche Silvio Berlusconi?
«Anche lui. In seguito ci sono state alcune incomprensioni tra Lega e Forza Italia, ma adesso è giunta l'ora di mettere le carte sul tavolo e chiarire i nostri obiettivi. Il Nord si salva soltanto con il federalismo, quindi eliminando innanzitutto le sinistre. Insieme, noi e Lega, possiamo farlo».
Voi chi? Forza Italia da sola o tutto il Polo?
«Tutto il Polo».
Anche An?
«An ha fatto seri passi in avanti sul federalismo, posso assicurarlo. E non di facciata».
Fini la scorsa settimana ha ripetuto che non farà mai più un'alleanza con Bossi.
«Probabilmente Fini si riferiva a vecchie strutture di alleanza. Adesso il discorso è mutato, rispetto al 1994. Ma anche rispetto a pochi mesi fa, quindi non prenderei per oro colato simili dichiarazioni. Mi piacerebbe però che adesso fosse Bossi a dire qualcosa. Lui è un rivoluzionario autentico, un idealista. Ora però deve scegliere: o fare il testimone di un'idea, o il missionario. In quest'ultimo caso, la discussione politica si apre. Così come si aprono prospettive politiche importantissime per il Nord e per tutta l’Italia».