Avrai il coraggio di riformare il fisco?
Forte opposizione in Parlamento per il neopresidente
Quando, con naturale modestia, Romano Prodi ha dichiarato: «ho portato l’Italia in Europa», ha detto una cosa non vera, per varie ragioni. Perché l’Europa (il processo di integrazione istituzionale europea) è una cosa che va avanti da almeno 50 anni. Perché (per fortuna) l’Europa non è solo moneta (lo è solo nell’ossessione sado-anale, freudianamente nota come «auri sacra fames»). Perché nella moneta europea l’Italia è entrata passivamente e non attivamente, per effetto di politiche di sviluppo.
All’opposto, per effetto delle politiche fatte (dalla sinistra) in questo triste decennio, l’economia italiana è stata progressivamente spiazzata nella competizione internazionale. Fuori dalla prospettiva trionfalistico-domestica, se vuole fare bene il presidente della Commissione Europea, l’on. Prodi deve cominciare davvero dal minimo (che, nella realtà data, è comunque il massimo).
La «cifra» politica del suo mandato è molto bassa. Per due ragioni essenziali: a) per una ragione «strutturale». Si tratta di una nomina e non di una elezione. Un governo è legittimo se è eletto dal popolo. E non solo. Un governo, se è eletto in base al principio «no taxation without representation». Questi due elementi (l’elezione popolare, la responsabilità fiscale) mancano al «governo europeo». Che per questo è un governo tra virgolette, un govenro «sui generis». Perché non è espressione del popolo europeo, ma dei governi europei. Perché è un governo che può spendere (per la verità poco), senza il vincolo di prendere, a titolo proprio, i soldi dalle tasche dei cittadini; b) e poi per una ragione «congiunturale». Perché, nel presente, l’Europa è sì governata dalla «sinistra» è, infatti, minoritaria. Ha vinto le elezioni, ma solo perché la «destra» era divisa (così, per esempio, in Francia e in Italia), o perché la «destra» aveva governato troppo a lungo (così, per esempio, in Inghilterra e in Germania). Non solo. Il nuovo parlamento europeo sarà conseguentemente costretto ad attribuirgli il «gradimento». Un gradimento che rischia di essere solo formale. E che è comunque destinato a essere contestato «in continuum» nel caso (probabile) che il nuovo parlamento sia fedelmente (proporzionalmente) – rappresentativo della realtà politica europea (appunto, non di «sinistra»).
Ciò premesso, su due punti di sua competenza istituzionale la Commissione può comunque dimostrare di essere responsabile: la sussidiarietà, la fiscalità.
La sussidiarietà. In nome del mercato (da creare, da standardizzare) le direttive europee hanno dirigisticamente saturato lo spazio giuridico europeo. Tutto ciò è assurdo. La commissione deve concentrare le sue direttive sull’essenziale, restituendo ai governi locali, al mercato, ai cittadini, il loro spazio naturale.
La fiscalità. Si scrive armonizzazione, ma va in realtà inteso come conservazione fiscale, come tentativo di conservazione degli attuali troppo alti livelli di pressione fiscale.
Non è questa la via giusta da seguire. E perciò non è questa la via che deve seguire l’Europa, perché l’eccesso di pressione fiscale non conserva, ma all’opposto erode, nel medio andare, le basi sostanziali del welfare state europeo.